A volte osservando i social ho come l’impressione che si faccia una gara: si gioca a chi si sconvolge di più. Vittorio Feltri (direttore di Libero) ci ha ormai da tempo abituati a titoli d’impatto. Attenti però. Con “Comandano i terroni” il Feltri nazionale ha trollato tutti: il titolo era riferito ad un articolo di una giornalista di Reggio Calabria, la questione era vista in ottica positiva e non negativa come tutti la hanno interpretata (senza leggere l’articolo).
L’ultima bomba di Libero è quella sul Pil che diminuisce e sugli omosessuali che aumentano. Se andiamo a leggere il nostro ultimo articolo sull’argomento, vediamo che i dati derivano da uno studio inglese: le persone che fanno coming out a seguito dello sdoganamento dell’omosessualità sono cresciute, questo pare che venga messo statisticamente in correlazione con il Pil. Peccato che in statistica se andiamo a studiare la correlazione tra due variabili, pur essendo positiva, non sempre ha rilevanza scientifica; ovvero non hanno legami di casualità. Feltri ad Huffington Post ha dichiarato che è un provocatore, è questo il suo stile da sempre (bisogna dargliene atto); sostiene che non debba essere preso troppo sul serio.
Ferma restando la libertà di stampa, è perfettamente legittimo esprime un certo dissenso, o meglio fastidio, nei confronti di quel titolo. È il classico titolone alla Libero, volto esattamente a scandalizzare ed alla creazione di una discussione intorno. Cari miei Vittorio ci ha ancora trollato. Quel titolo è di cattivo gusto, fuori luogo e forse squallido: prima però di gridare all’omofobia mi fermerei, siamo più che altro davanti ad un uso stupido dei dati e ad una narrazione discutibile.
Intorno alla vicenda però si sono subito stagliati vari sacerdoti del tempio pronti a strapparsi le vesti davanti alla bestemmia, tutti indignati e sconvolti; spesso però in maniera terribilmente pretestuosa. Luigi Di Maio (re della superficialità) subito pronto a usare il titolo a riprova della bontà dell’abolizione dei fondi pubblici all’editoria; sempre con la logica per cui se un giornale scrive qualcosa che non ci piace non va bene. Badate, Libero ha “pisciato fuori dal vaso” ma usare quel titolo come fa Giggino è pretestuoso, quel tipo di provvedimento non lo si può avallare così superficialmente, merita una discussione più approfondita. Ora tutti difensori degli omosessuali, in Parlamento però il loro voto per le Unioni Civili non lo abbiamo visto. Non dimentichiamo che Di Maio è quello che abolisce la povertà eh. Ad onor del vero, le strumentalizzazioni pretestuose di quel titolo, sono venute da tutte le parti politiche: tutti pronti a fare like gareggiando a chi scrive il post più strappa lacrime.
Menzione al merito (o demerito) spetta a Ristora. L’azienda sponsor di Libero (con tanto di logo in prima pagina) è stata sommersa di chiamate e mail; sui social più persone minacciavano di non consumare prodotti della nota azienda, se questa non avesse ritirato la pubblicità. Quando un brand sceglie un mezzo di comunicazione (qui un quotidiano), fa generalmente una valutazione in merito a chi si vuole raggiungere, a quale è l’obiettivo e si cerca di capire se il mezzo è adatto ai due scopi precedenti. Inoltre si considera se il mezzo può influenzare l’opinione che il consumatore ha sull’azienda (immaginate McDonald che sponsorizza una fiera vegana). Mi pare alquanto strano che il responsabile marketing di Ristora, non si sia mai chiesto se magari i titoloni di Libero potessero far sorgere associazioni negative in capo al brand (al pari di tutti gli altri sponsor eh). Era così necessario che si mobilitassero i consumatori?
In un intervista a Lettera43, Pietro Senaldi direttore responsabile della società a cui fa capo Ristora, ha dichiarato “Noi pianifichiamo e compriamo la pubblicità con programmi trimestrali e non possiamo certo conoscere i titoli in anticipo”. Risposta poco convincente direi. O l’azienda pianifica con superficialità la campagna pubblicitaria oppure mi verrebbe da dire che a Ristora non importa molto di quanto Libero scrive. La linea editoriale di quel giornale è risaputa, Vittorio Feltri col suo modo di fare non è una novità degli ultimi tre mesi. Apprezzabile il gesto di ritirare la pubblicità, ma lo trovo un gesto poco spontaneo; un gesto costretto dalle contingenze. Fossero stati attenti, avrebbero dovuto comunicare la cosa appena uscito il giornale. Sui manuali base di Marketing, la comunicazione in stato di crisi (questa è considerabile una piccola crisi) è associata ad una caratteristica principale: la tempestività. L’azienda così tempestiva non mi è parsa. Come si suol dire “meglio tardi che mai”.
Fabrizio Procopio
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