Ha da poco compiuto 40 anni la bandiera arcobaleno – creata da Gilbert Baker ed esposta per la prima volta al Pride di San Francisco nel giugno 1978 –, in origine composta da otto strisce colorate poi ridotte a sei con l’eliminazione di rosa e turchese. È invece notizia di questi giorni la decisione del Manchester Pride di ripristinare il numero originario di strisce per l’edizione 2019, aggiungendo il nero e il marrone per includere anche la comunità black, gli asiatici e altri gruppi etnici minoritari.
Ma era davvero necessario? La scelta è risultata controversa, con una spaccatura in due fazioni, la prima favorevole in quanto mossa inclusiva verso altre storiche minoranze, la seconda invece contraria per un motivo molto semplice: la rainbow flag è già onnicomprensiva per definizione, aggiungere colori per gruppi specifici va proprio a minare l’universalità della bandiera, da sempre simbolo di accettazione e celebrazione di qualsiasi tipo di diversità.
Tuttavia, secondo un’indagine condotta da Stonewall nel 2018, il 51% della popolazione BAME (Black, Asian and Minority Ethnic) interpellata sarebbe stata vittima di razzismo all’interno della comunità LGBT. A questo proposito, diverse testimonianze raccontano di come i neri siano sempre stati tenuti ai margini anche nell’universo arcobaleno, e che quindi la decisione del Manchester Pride rappresenti un forte segnale inclusivo in grado di garantire visibilità anche alle minoranze relativamente “sommerse”. Un’iniziativa che s’innesta nel solco della campagna #KindGrindr lanciata lo scorso anno dalla nota app d’incontri per combattere ogni forma di emarginazione, attraverso la rimozione di contenuti offensivi e, nei casi più gravi, il ban degli utenti problematici.
La parata di Manchester sarà quindi la prima nel Regno Unito ad adottare la nuova bandiera a otto colori, sull’esempio della città americana di Philadelphia che nel 2017 fece da capofila al rinnovamento, anche in quel caso tra le polemiche. E vista l’aria che tira in Italia, con le recenti schermaglie tra fazioni politiche a proposito della chiusura dei porti, l’Onda Pride nostrana potrebbe aderire al progetto e adottare quest’ultima versione come simbolo di integrazione pacifica, contro la nuova ondata di discriminazione razziale e paura del diverso che si sta abbattendo sul nostro paese.
Leggi anche:
-
La classifica dei Paesi UE più inclusivi per i professionisti LGBTQ+: tanta strada da fare per l’Italia
-
L’ex ministro Spadafora fa coming out in diretta: «Sarò più libero»
-
Il Senato ha affossato il ddl Zan: addio a una legge attesa da 25 anni
-
Papa Francesco e il “pericolo” delle persone transgender
-
“Professione transgender”: l’incontenibile transfobia del giornalismo italiano