Evoluti ma non troppo: tecniche e postulati sulle “teorie riparative”

Non siamo mai stati una nazione coerente e decisa quando si parla di Diritti. Figuriamoci poi se questi diritti riguardano la libera espressione della propria identità sessuale, esplicitamente prevista dall’art. 2 della Costituzione (c’è sempre piaciuto fare i tuttologi, non a caso vantiamo una classe politica esperta in materia).

Nel 2013, il sottosegretario Dem Ivan Scalfarotto presentò un progetto di legge sull’omofobia che introduce nel nostro ordinamento il reato di discriminazione e istigazione all’odio e alla violenza omofobica.

Un grande inizio, visto che in quegli anni, vigeva in maniera abbastanza pressante e condivisa l’idea che la maggior parte, se non tutti, degli omosessuali erano etichettati come strani, diversi e pericolosi.

Comunque, il grande e innovativo balzo in avanti, è al palo da tempo in Parlamento. Dopo il primo OK alla Camera, bisognerà come minimo aspettare altri 20 anni. Sarà che questo numero ci piace così tanto, che è un continuo ripresentarsi (basti pensare ai 20 anni di Mussolini o di Berlusconi, fate voi).

Questo perché la cultura occidentale ha sempre vissuto il binomio uomo/donna e maschile/femminile. Non da meno, l’influenza e la presenza del Vaticano in Italia ha dettato i principi secondo cui è giusto seguire alla lettera ciò che la Bibbia cita (che poi, oltre ad essere un libro su cui ha messo mano anche il pizzicarolo sotto casa mia, non è mai stato riscontrato nulla a riguardo).

Oggi, a Forum, c’è stata il caso Tancredi (video): la tipica circostanza in cui il padre maltratta, discrimina e caccia il figlio di casa in quanto omosessuale. Per quanto giusta, a tratti scontata, ma per molti scioccante, il ragazzo ha vinto la sentenza con il riconoscimento totale del risarcimento di euro 500.000.

Tutto bello e mediatico, se non fosse per l’uscita totalmente fuori luogo, carica di pregiudizio e ignoranza del giudice Francesco Foti.

Durante la spiegazione di Tancredi, mentre ricordava gli atroci momenti dei centri ripartivi in cui lo mandò il padre, il giovane si è lasciato scappare una risata (la tipica smorfia che almeno una volta nella vita è scappata a tutti nel raccontare fatti spiacevoli, forse perché ormai superati), ed è qui che arriva la supercazzola del giudice «Non rida, perché è l’ultima teoria in materia, lei può non accettarla ma scientificamente è una cosa dell’ultima ora» cui segue l’immediata risposta del ragazzo «Onestamente non l’accetto, scientificamente non si può cambiare una predisposizione naturale».

Siamo nel 2018 e visto che c’è ancora una grossa fetta di menti che non riesce ad accettare l’ovvio, ovvero che l’omosessualità non è considerata una malattia dal 1970, bisogna ribadire la scoperta dell’acqua calda: non esistono prove scientifiche a favore delle terapie riparative, di tecniche psicologiche di natura aliena o di stregonerie varie.

Anzi, l’American Psychological Association e l’American Psychiatric Association hanno espresso fin da subito perplessità sulle tecniche di conversione (che ricordiamo, il più delle volte sono di matrice religiosa, non solo psicologica).

Quindi, smettiamola con queste teorie campate per aria che non trovano nessun fondamento oggettivo e pragmatico.

Siamo esseri evoluti, comportiamoci come tali.

Gianluca Di Maula

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