Uno degli incubi che perseguita molti omosessuali durante l’adolescenza, ma non solo, è quello del coming out. Cosa diranno i miei genitori? Mi vorranno bene ugualmente? Saranno delusi? Peggio dell’ansia da coming out c’è solo quella dell’outing, soprattutto quando a farlo è qualcuno di cui ti fidi ciecamente. Questa è la storia che Carlo ha voluto raccontare a Non è Grindr.
L’intervista
Roserade: Passiamo subito al sodo. Da quanto i tuoi sanno di te?
Carlo: I miei sanno della mia omosessualità da 9 anni, all’epoca avevo 16 anni.
R: Eri giovanissimo. Come è andata?
C: Non è stato un vero e proprio coming out, ma un outing. Ero in oratorio e quel giorno si parlava dei vari tipi d’amore, poco dopo ero dal mio parroco a confessare che io amavo in un modo diverso perché amavo un ragazzo, sentendomi quasi in colpa. Il prete l’ha poi riferito a mia madre.
R: Con che scusa il prete ha violato il segreto della confessione?
C: Tecnicamente il prete non ha violato il segreto confessionale. Io ero lì da lui per quello ma, una volta rivelata mia omosessualità, le sue parole sono state “Quello che mi stai rivelando non è un peccato, non hai bisogno del perdono di Dio” e non mi diede l’assoluzione. Lo ricordo come se fosse ieri. Gli chiesi di non rivelare nulla ai miei, mi sentivo come se stessi svelando un segreto a un amico, soprattutto dopo quello che mi aveva detto.
R: I tuoi come l’hanno presa?
C: Dire che l’hanno presa male è dire poco. Ne sono rimasti delusi, senza dubbio, anche perché la maggior parte dei genitori immagina per i propri figli un futuro sereno e incasellato in certi spazi. Ho mischiato le carte in tavola, perché per loro la mia omosessualità mi avrebbe ostacolato nel trovare lavoro, per esempio. Mio padre mi disse che non avrei mai trovato un lavoro perché “chi può prendere una mezza femminuccia come te a lavorare?”.
R: Ti hanno umiliato verbalmente, quindi.
C: Si sono spinti anche oltre. Io non farei mai passare a un figlio di sedici anni quello che loro hanno fatto passare a me. Ero un estraneo nella mia stessa casa. Mia madre impose a tutti la regola del silenzio nei miei confronti, nessuno mi rivolgeva la parola. Tra le cose più brutte che ricordo c’è il non trovare il mio piatto a tavola tornato da scuola. È stato orribile non aver più quel posto a tavola e non condividere quel momento di ritrovo con la mia famiglia. Persino la domestica aveva avuto disposizioni da mia madre in merito. Non avrebbe dovuto più pulire la mia stanza, lavarmi vestiti o stirarmeli. Avevo il coprifuoco, ovviamente. Mia madre mi frugava nello zaino per le chiavi del motorino. Molto probabilmente si sono spinti così oltre a causa dell’educazione molto severa che hanno ricevuto. Sono convinto che mia madre, soprattutto, abbia agito con l’intento di educarmi e che non abbia fatto quel che ha fatto con cattiveria.
R: Eri fidanzato, all’epoca. Lui ti è stato vicino?
C: Considerando che eravamo coetanei, mi è potuto stare vicino solo in poche occasioni. Ricordo che saltavamo la scuola pur di stare insieme. Quando i miei seppero che era lui, infatti, non mi permisero di vederlo. Quando a diciotto anni andai via di casa, dietro un “invito” di mia madre mi aiutò molto. Non so se un altro mi avrebbe accolto in casa sua senza preavviso. Sono stato fortunato e anche se la vita ci ha allontanato, riservo per lui un pezzetto del mio cuore.
R: Qualche parente ti è stato vicino? O anche per loro vigeva la regola del silenzio?
C: Ho sempre avuto mia zia al mio fianco, la sorella di mia madre. Lei mi ha sempre aiutato. Probabilmente avrà discusso un po’ coi miei, ma poi la cosa è finita lì.
R: E ora? Com’è la situazione in famiglia? Hai perdonato i tuoi?
C: Dopo tanti anni la situazione è più tranquilla. Hanno visto che lavoro e che riesco a gestire una casa. Penso anche che mia madre sia orgogliosa di quello che sono riuscito a realizzare. Il rapporto con loro è normale, tenendo conto che non è mai stato molto stretto. Non mi va di parlare di perdono, non ho nulla da perdonare loro perché hanno sempre agito volendomi bene.
R: Ti sei allontanato dalla Chiesa e dall’oratorio?
C: L’oratorio era praticamente la mia casa, stavo sempre lì con gli amici e mi sembrava stupido allontanarsi dall’unico posto in cui stavo bene per l’errore di un prete. Da lui sì, però, mi allontanai molto.
R: Pensi che le cose sarebbero andate diversamente, se non fosse intervenuto lui?
C: Credo che l’avrei detto ai miei, prima o poi. Da ragazzino mi dicevo sempre che finiti gli studi e trovato un lavoro l’avrei fatto. Perché conoscevo mia madre, le sue regole e in qualche modo temevo tutto quello che poi è successo. Oggi, se mi guardo indietro non ho rimpianti o rimorsi. Con i miei mi sono sempre comportato nel migliore dei modi, sono riuscito a realizzarmi lavorativamente parlando e sono riuscito ad andare avanti anche quando la storia col mio ex è finita. Posso definirmi contento, paradossalmente, di come sia finita tutta questa storia.