Quello che è andata in scena ieri sera è soltanto uno dei tanti botta e risposta tra esponenti politici riguardo il Congresso Mondiale delle Famiglie. La conferenza appoggiata dalla Lega, si terrà a Verona e proporrà il modello anacronistico di famiglia, in cui la donna è vista come una figura a sostegno dell’uomo, mentre le famiglie rainbow non sono definibili tali.
Giorgia Meloni si scaglia contro il M5S, reo di aver criticato il congresso, e pubblica un tweet surreale: «#M5S diffonde fake news sul congresso @wcfverona, sostenendo che sia contro la libertà delle donne. Dichiarazioni ridicole senza alcun riscontro. Loro invece sono per la droga libera, la propaganda #gender, i matrimoni misti: praticamente una comitiva di punkabbestia al Governo».
La leader di FdI accusa dunque i pentastellati di diffondere bufale, lanciandone una a sua volta, ovvero quella di una fantomatica “teoria gender”, più volta smentita dai fact checker. Ma questo passa in secondo piano di fronte ai “matrimoni misti”, citati tra le pratiche ritenute evidentemente negative dalla Meloni, al pari dei matrimoni gay e l’uso di droghe leggere. Dal tweet sembrerebbe che la Meloni volesse rimettere in discussione le unioni tra persone di diverse etnie o religioni.
Le risposte non si fanno attendere. Spicca tra tutte quelle dell’ex-ministro PD Carlo Calenda: «Ma ti sei bevuta il cervello? I matrimoni misti! Cosa sei la versione burina del KKK (Ku Klux Klan, ndr). Prenditi una pausa. Lunga.». A cui arriva la replica della Meloni, che fa mea culpa: «Mi riferivo alla proposta di Sibilia sui matrimoni di gruppo e tra specie diverse. Misti non è la parola giusta.», spiegando che l’errore fosse stato causato da una sintesi per via del limite di caratteri imposto da Twitter.
Ecco però che la polemica, nello stesso, tweet, si sposta sul termine “burina” utilizzato da Calenda. La Meloni replica con un “cafone”, chiedendosi cosa c’entrasse. Per capire cosa intendesse l’ex-ministro basta investigare sul significato reale della parola, la cui etimologia deriva dai pastori che vendevano il burro; il termine oggi indica persone che hanno un modo di fare provinciale. Fa strano, in quest’ottica, vedere l’indignazione di chi rivendica con orgoglio di essere populista e i propri ideali basati sul sovranismo.
La sintesi è quella di un malinteso arricchito da una caccia alla polemica. Da un “punkabbestia” a un “cafone”, passando per una “burina”, il livello del dibattito politico attuale è quello di una perenne e aggressiva propaganda elettorale, dove l’etica è calpestata dalla ricerca di consensi.
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