Sta facendo molto discutere un articolo pubblicato alcuni giorni fa sull’HuffPost riguardo la ricerca di sesso con persone sieropositive su Grindr per “provare il brivido di essere vivi”. L’autore di tale articolo, venuto a conoscenza di questo “fenomeno”, ha scaricato l’app di incontri e ha voluto provare il “brivido di essere gay”, non rendendosi probabilmente conto di come abbia invece messo in cattiva luce la chat e i suoi utenti.
Potremmo fare subito delle riflessioni importanti, come la (si spera) inconsapevole discriminazione nell’associare l’HIV alle persone gay, maschi, utenti di Grindr; piuttosto che ampliare la ricerca fra gli etero utilizzando una chat di incontri come Tinder o Lovoo, prima di gettare ombre solamente su una chat gay descrivendola come un luogo ostile usando accorgimenti quali:
Qui non esistono nomi, cognomi, a volte compare solo l’età. Le foto variano per tipologia e soggetto; alcuni sono senza volto, altri si fotografano nudi, si vedono spesso torsi muscolosi senza faccia.
Come se su altri canali per incontri o sui social che utilizziamo siano completi di informazioni o privi di alcune immagini.
L’articolo dunque prosegue con una descrizione di Grindr spiegando le tipologie degli utenti e si sofferma su un punto da lui descritto così: “Tra le categorie ce n’è però una più sinistra: Positivo“.
Sinistra.
Qui potremmo fare un’altra riflessione sul fatto che le persone HIV+ siano ancora viste come minacce o che, dato che si parla di Grindr: gli omosessuali siano visti come dei pericoli pronti a infettare; tralasciando, forse per ignoranza, che chi è sieropositivo (uomo o donna che sia), probabilmente segue una terapia antiretrovirale che lo rende totalmente innocuo; così l’articolo prosegue in questo, come definito dal giornalista, “mondo chiuso” di omosessuali, che lui è riuscito ad aprire e a scoprirne l’agghiacciante segreto di una perversione che colpisce i giovani: quella di fare sesso non protetto e, con il suo profilo fake nel quale si dichiara HIV+ viene contatto da uno di questi ragazzi il quale decide di incontrarlo.
Si chiama Marco, ha 20 anni e usa Grindr da quando ne aveva 14. Confida al nostro amico quello che prova quando va a letto con uno sconosciuto HIV+ informandolo inoltre che non sono in molti a comportarsi come lui data la “paura di ammalarsi o di morire addirittura”.
Il giornalista, però, piuttosto che denunciare la scarsa informazione che hanno gli adolescenti riguardo le MST, continua nella sua scoperta che attanaglia i giovani irresponsabili. Chiama dunque l’aiuto di due psicoterapeute dell’Università La Sapienza di Roma. Una delle sessuologhe denuncia come “sarebbe importante fare educazione sessuale nelle scuole perché gli unici stimoli sessuali che i ragazzi ricevono sono quelli della pornografia”.
Ed è vero, ma questa informazione utile viene nuovamente lasciata per tornare subito a parlare di Grindr e dei suoi loschi utenti definiti dalle psicologhe come persone annoiate, alla ricerca di stimoli tramite queste chat, e chiude dicendo che: “In questo caso è l’AIDS ad aprire il portale del desiderio. Per sentirsi di nuovo vivi, cercando la morte”.
L’AIDS.
Una confusione simile da una professoressa universitaria è più unica che rara. Forse è il giornalista di HuffPost a non avere le idee chiare, tanto che scrive come questo mondo continui a nascondersi dietro una maschera arancione rimanendo celato in una “terribile sensazione di morte”.
Per andargli un po’ incontro, però, si potrebbe pensare che il suo articolo voleva essere innocuo e di denuncia per questi giovani annoiati pronti a rischiare la salute per un po’ di piacere. E forse da una parte è vero, che lo siamo. Un po’ spericolati, mossi da un desiderio interno che stimoliamo con lo scambio di messaggi, di foto; dall’idea di poter trasgredire e dalle fantasie sessuali che ci inseguono quotidianamente e che sfamiamo tramite chat o incontri fini a se stessi. Ma sicuramente non facciamo confusione tra AIDS e HIV, non generalizziamo il comportamento degli individui che frequentano questa o quest’altra chat (perché altrimenti troppi articoli sarebbero da scrivere…); siamo sicuramente più informati sulle MST rispetto al giornalista e mi piace pensare che l’utilizzo che facciamo di Grindr non sia limitato al sesso ma anche per conoscersi fra noi e avere dei rapporti sani e genuini con gli altri.
Laddove ‘sani’ è inteso come di rispetto e comprensione per il prossimo.
Dunque è rimasta solo un’ultima domanda, ancora più profonda di quelle emerse dall’articolo: Ma alla fine, il giornalista, ha disinstallato Grindr o è rimasto tra noi?
Christian Albanese
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