Il trionfo del Movimento 5 Stelle e del Centrodestra alle elezioni politiche 2018 non può che mettere in guardia la comunità LGBT italiana per quel che riguarderà la XVIII legislatura. Se i grillini sembrano per nulla interessati a progredire nel riconoscimento dei diritti a omosessuali e transessuali, il ricco bottino di seggi ottenuto Salvini & Co. fanno addirittura temere a un regresso. Per lo meno questo è quello che è emerso dai loro programmi e dalle loro dichiarazioni delle scorse settimane.
La campagna elettorale si è però conclusa e dalle parole bisognerà passare ai fatti. Sebbene sia stato spiegato diverse volte che, al contrario da quanto promesso dal centrodestra, non è possibile rimuovere le Unioni Civili, un governo a conduzione salviniana potrebbe comunque introdurre leggi anti-gender, ad esempio nelle scuole, o altri tipi di iniziative di tipo discriminatorio. Al momento non è ancora chiaro se saranno Luigi Di Maio o Matteo Salvini a ottenere l’incarico di governare il Paese da parte del Presidente Mattarella, ma l’unica speranza di non-regresso sta in un appoggio dei parlamentari del Partito Democratico e dei superstiti di Liberi e Uguali a un governo del M5S.
Scopriamo quali sono i candidati più friendly e più unfriendly della classifica di Vota Arcobaleno che sono stati eletti e chi invece è rimasto fuori da Montecitorio e Palazzo Madama.
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Maria Elena Boschi, la più amata dagli utenti di Vota Arcobaleno, è stata eletta nell’uninominale a Bolzano, stracciando l’omofoba Micaela Biancofiore con il 41% contro il 24%. La Boschi è tra le pochissime eccezioni di vittoria del PD nell’uninominale, tra cui vi è un altro candidato molto friendly, l’ex dirigente nazionale di Arcigay Tommaso Cerno che è riuscito a staccare di 5 punti percentuali il rivale del centrodestra. Per quel che riguarda il plurinominale, nelle ultime ore è arrivata poi la conferma dell’elezione di Dem Monica Cirinnà e Ivan Scalfarotto, i due protagonisti della lotta ai diritti nell’ultima legislatura. La Cirinnà è inoltre tra gli eletti del PD a chiedere le dimissioni immediate di Matteo Renzi, anch’egli eletto senatore, probabilmente per cercare un’alleanza col M5S e sventare il rischio di un governo guidato da Salvini.
Purtroppo si contano sulle dita di una mano i candidati arcobaleno eletti negli altri partiti. Emma Bonino è l’unica eletta di +Europa grazie alla vittoria nell’uninominale contro il pro-life Federico Iadicicco del centrodestra a Roma 1 per il Senato. Non ce la fanno tutti gli altri, tra cui Riccardo Lo Monaco (3° nella classifica di Vota Arcobaleno), Leonardo Monaco e Yuri Guaiana.
Liberi e Uguali conta pochissimi seggi, tra cui quello di Nicola Frantoianni (9° per Vota Arcobaleno) alla Camera, mentre sono tanti quelli che restano a casa, da Pippo Civati a Gianmarco Capogna (rispettivamente 4° e 10° per Vota Arcobaleno).
Nessun eletto per Potere al Popolo, lo schieramento che aveva promesso il più ampio ventaglio di leggi per omosessuali, transessuali e intersessuali. Il partito che vantava tra i candidati Maria Rosaria Malapena, Simona Deidda e Cristina Betti non è riuscito a raggiungere lo sbarramento del 3%.
Unfriendly
La coalizione di centrodestra fa quasi l’en plein, piazzando al Senato e alla Camera i più odiati dalla popolazione LGBT, tra cui i suoi primi 3 nella classifica degli unfriendly secondo Vota Arcobaleno: Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), Matteo Salvini (Lega) e Paola Binetti (Noi con l’Italia). Ce la fanno anche Beatrice Lorenzin e Pier Ferdinando Casini (Civica Popolare Lorenzin), che grazie alla coalizione col PD riescono a essere eletti rispettivamente a Bologna e a Modena. Alla schiera degli intolleranti si aggiungono Galeazzo Bignami di Forza Italia e il leghista napoletano Gianluca Cantalamessa (rispettivamente 8° e 9° tra gli unfriendly secondo Vota Arcobaleno).
C’è, fortunatamente, anche chi non c’è l’ha fatta tra gli unfriendly. Oltre a Federico Iadicicco (Fratelli d’Italia), non sono state elette Valentina Castaldini (Civica Popolare Lorenzin) ed Eugenia Roccella (Noi con l’Italia), nomi di primo piano per quanto concerne la negazione del riconoscimento dei diritti degli omosessuali. La prima è la consigliera del comune di Bologna che si era scagliata nel 2014 contro l’annuncio del sindaco relativo all’inizio della trascrizione dei matrimoni gay contratti all’estero. La Roccella si era invece fatta notare durante la sua ultima campagna elettorale grazie alla promessa di eliminare le unioni civili in un convegno anti-gender in compagnia di Salvini e della Meloni.
Non ce la fanno nemmeno Mario Adinolfi, Gianfranco Amato e tutti gli altri del Popolo della Famiglia, che si sono fermati ben al di sotto dello sbarramento del 3%. Stessa sorte per i fascisti di Casapound e di Italia agli Italiani.
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