Cos’è il Transgender Day of Remembrance?
Il 20 novembre si celebra il Transgender Day of Remembrance (TDoR), una giornata dedicata al ricordo delle vittime dell’odio transfobico. Il TDoR fu introdotto dall’attivista e scrittice statunitense Gwendolyn Ann Smith in ricordo di Rita Hester, una transgender afro-americana assassinata nel 1998. Dall’anno successivo, la comunità LGBT ricorda questo giorno per lanciare un allarme riguardo il selenzioso massacro ai danni delle persone transessuali e transgender in atto in tutto il mondo, con la complicità di quei Paesi che non prevedono il reato di transfobia, tra cui l’Italia.
Negli ultimi anni si è lavorato tanto per informare sulla differenza tra “orientamento sessuale” e “identità di genere”, ma c’è solitamente poca chiarezza nella distizione tra “transessuale” e “transgender”. Se infatti una persona transessuale è un uomo che compie un percorso di transizione per diventare una donna o viceversa, il termine “transgender” indica un atteggiamento sociale e sessuale che combina caratteristiche del genere maschile e di quello femminile, senza identificarsi interamente e definitivamente in nessuno dei due.
Per raccontare cosa significhi affrontare un percorso di transizione, quali siano le difficoltà e le dinamiche sociali, ma anche il modo di vivere gli affetti e la sessualità, abbiamo intervistato un transessuale FtoM che ci ha raccontato la propria esperienza personale.
Transgender Day of Remembrance: Intervista
Dummy: Ciao, ti ringrazio di cuore per aver accettato questa intervista. La prima domanda d’obbligo quando si interloquisce con una persona che non ha completato la transizione tra i due sessi è se preferisce che ci si rivolga al femminile o al maschile. In altre parole, sarai Luana o Cristian?
Intervistato: Ciao, grazie a te. Ti dico la verità. Non sarò né l’una né l’altro. Ma nel senso che Cristian lo associo ad un brutto periodo della mia vita quindi sceglierò un altro nome… Ma per scaramanzia ancora non lo rendo pubblico. Aspetto qualche mese ancora.
D: Un’altra domanda è d’obbligo prima di entrare nel vivo di questa intervista: ti definisci transessuale o transgender?
I: Sono transessuale. Non mi sento appartenere al corpo che ho. In realtà ho provato tante volte in questi anni a vivere al femminile e trovare un equilibrio tra il mio corpo e la mia mente ma non ci riesco. C’è una forza dentro di me che chiede di uscire fuori come uomo, chiede fortemente di essere se stesso anche davanti agli altri. Sono transessuale senza alcun dubbio e spero che anche il giudice e lo psicologo mi daranno conto di questo.
D: A quanti anni hai capito di non rispecchiarti nel tuo sesso biologico? E quanto tempo ci è voluto prima di intraprendere la transizione vera e propria?
I: È una cosa che so da quando avevo 5 anni. Mi ricordo che quando stava per nascere mio fratello, mia madre mi disse il nome che aveva scelto (Luca) e io mi arrabbiai nella mia stanzetta con mia madre perché pensavo che mi sarei voluto chiamare io così. Lei poi mi disse: “Sarà Luca o Marco, ma credo Luca” Allora, io mi dissi arrabbiato: “Se è così, io mi chiamerò Marco, la seconda scelta!”. Ecco svelato il mio nome!
D: Un forte stereotipo è quello delle transessuali MtoF che avrebbero necessariamente a che fare con la prostituzione. Sebbene questo luogo comune venga meno quando si parla di transessuali FtoM, immagino che nel mondo del lavoro le difficoltà siano non poche. Qual è la tua esperienza?
I: Quattro anni fa provai a transizionare e lavoravo come segretaria in un’azienda. Ma non posso assolutamente dire di essere stata mandata via. Io avevo in corso una forte depressione perché provavo a reprimere me stesso e per colpa della depressione lasciai il lavoro dando le dimissioni. Poi sempre con una forte depressione addosso ho fatto altri lavori ma non riuscivo a concentrarmi. Decisi di abbandonare la transizione a causa dei miei stati d’animo. Grazie a delle persone che hanno capito il mio problema, oggi, a distanza di due anni, posso dire di essere guarito dalla depressione e mi sto riqualificando. Sto facendo il praticantato per diventare consulente del lavoro e mi sta appassionando tanto. Non so se avrò problemi sul lavoro. Ancora è presto per dirlo. Ma credo che non sarà facile soprattutto in un contesto come quello dei piccoli paesi del Salento. Nello studio dove pratico la professione, non ci sono problemi. E’ uno studio serio e professionale, quindi non si fanno certamente influenzare da una scelta del genere. Mi trovo bene. Però ammetto che la paura per il dopo c’è. Vedremo! Il mio sogno è aprirmi uno studio e avere dei clienti da seguire. Tuttavia, credo che bisogna fare molto nel mondo del lavoro per le persone transessuali e soprattutto per le donne che a volte sono costrette a lavorare per strada. C’è tanto da fare e spero che con Arcigay si possa fare veramente qualcosa. C’è un progetto in corso su cui stiamo lavorando.
D: C’è un personaggio famoso transessuale/transgender FtoM che ammiri particolarmente?
I: Sì, assolutamente: il grande Leslie Feinberg, morto purtroppo nel 2014. È l’autore del libro “Stone Butch Blues”, ne consiglio a tutti la lettura.
D: Un argomento su cui c’è tanta disinformazione è la differenza tra identità di genere e orientamento sessuale. Solitamente si dà per scontato che le persone transessuali siano eterosessuali. Cosa ne pensi e qual è il tuo orientamento?
I: Sì, è vero. Molti danno per scontato che se una persona cambia sesso è sicuramente etero. Ma non è così. Io sono omosessuale. Eppure sento lo stesso bisogno di cambiare sesso come lo sentono i ragazzi transessuali etero. Abbiamo le stesse problematiche. Siamo uomini e fisicamente questo corpo non ci piace. Lo odiamo.
D: Come vengono vissuti i sentimenti e la sessualità durante un percorso di transizione? Preferisci approcciarti a persone transgender o cisgender?
I: Argomento delicatissimo per me. Ho amici transessuali e cisgender e amo entrambi allo stesso modo. Ho sempre avuto relazioni con uomini cisgender, ma ammetto che mi piacerebbe stare con una persona transessuale e omosessuale come me. Però mi autocritico su questa mia asserzione. Nel senso che le persone sono uguali, non faccio in realtà differenza. Si può imparare ad amare veramente chiunque… Quindi sono confuso su questo. È uno dei miei punti delicati.
D: Come ti vedi tra dieci anni? Sogni una relazione stabile e, perché no, una famiglia?
I: Assolutamente sì. Sogno una relazione stabile e molto costruttiva. Mi vedo seriamente compromesso con una persona da amare e con la quale magari sposarmi.
Ringrazio di cuore Marco per essersi raccontato con molta sincerità, rispondendo con naturalezza a queste domande che spero possano aiutare i lettori di questo articolo a comprendere meglio il punto di vista di un o una transessuale.
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